Sul limite di Viktor Matveev è una rara e potente sintesi tra la cronaca e la più profonda indagine filosofica. L'opera si staglia nel panorama letterario contemporaneo come un ponte ardito, gettato tra il tumulto di una vicenda realmente accaduta - il drammatico episodio della nave Arctic Sea e della sua cattura piratesca nell'estate del 2009 - e il canone inossidabile della narrativa russa.
Il lettore potrebbe risultare inizialmente spaesato dall'intricata trama, ma questo smarrimento rappresenta l'animo stesso del protagonista-scrittore, intrappolato in una ragnatela criminale fatta di suspense, ferocia e una cruda messa in scena della crudeltà fisica ed emotiva che l'uomo infligge all'uomo.
Questo scheletro narrativo (l'abbordaggio, la cattura della nave, il ricatto, le lunghe telefonate tra i banditi e il protagonista, l'intervento della Marina militare russa) è rivestito da una prosa poetica di elevata risonanza, che trasforma progressivamente il racconto di una drammatica avventura marittima nella narrazione di una discesa agli inferi e, infine, in una palingenesi spirituale.
Matveev eccelle nel maneggiare un registro stilistico polifonico, le cui sfumature richiamano esplicitamente grandi scrittori del passato. Nella sua vena, a tratti oscura e mistica, si percepiscono gli echi del grottesco e del surreale che animavano la San Pietroburgo di Nikolaj Gogol', dove il confine tra il reale e il fantastico si dissolve. La densità spirituale e la liricità della prosa si inseriscono nella grande tradizione scrittoria russa, mentre la capacità di inquadrare la tragedia umana con un velo di ironia filosofica può ricordare la complessa architettura morale di un Michail Bulgakov.
Il libro è un viaggio nella vertigine della recente storia russa, dalla dissoluzione dell'URSS - all'inizio degli anni Novanta - fino alle vicende dei primi anni Dieci del nuovo secolo, segnate da banditismo, corruzione, ricatti e arbitrio. La Russia, come il piroscafo Arctic Sea, è ostaggio di banditi che cercano di trasformarne la natura stessa. Come i pirati ridipingono la nave e ne cambiano il nome, così i criminali che operano a ogni livello nella scala del potere russo modificano le fondamenta morali del Paese, creando con il loro agire senza scrupoli una società disgregata, sfilacciata e insalubre, tagliando lungo i bordi quanto di buono e profondamente etico era presente, nonostante gli anni sovietici.
Il culmine dell'opera si raggiunge quando la narrazione esterna lascia spazio all'introspezione. Spinto sull'orlo dell'abisso, in un momento di vertigine filosofica, il protagonista scopre in sé una grandezza inimmaginabile, estendendo il proprio 'io' oltre i confini del corpo, fino ad abbracciare le montagne, le stelle e l'Universo intero. Lì, nella chiarezza silenziosa della vetta, ogni affanno passato si rivela vano, e l'unica, definitiva verità che emerge è che l'intera esistenza è stata guidata e compiuta 'solo perché amavo'.
Sul limite è, in definitiva, un romanzo che ci spinge non solo a confrontarci con gli orrori della cronaca, ma a cercare, al di là di essi, un'armonia cosmica e una fede nell'infinità della vita, definendo un nuovo eroe russo: un uomo che, con tutte le sue fragilità, trasforma il suo profondo amore per la patria nella luce che guida sé stesso e il lettore attraverso questa complessa avventura intellettuale.
Marco Clementi, PhD
Professore di Storia delle relazioni internazionali e storia dell'Islam, Università della Calabria. Volontario di Memorial, premio Nobel per la Pace 2022.