« Tutto il peso del mondo - sta nel cranio che l'acrobata - al cornicione ostende» . Non è un caso che la figura dell'acrobata segni, fin dalle poesie iniziali, la nuova raccolta di Ottavio Fatica. La sua poesia è una sfida sempre sul filo dell'invenzione linguistica, ma l'immagine del funambolo, o quella simile del « tuffatore in bilico - sul ciglio del crepaccio» in altre poesie, è anche fortemente simbolica, fra la vocazione a sondare il cielo e il tonfo « nelle feci del presente» sempre in agguato. La raccolta si snoda all'interno di una contraddizione, quasi una gabbia ontologica: perché le « splendide parole» sono le cose più preziose che abbiamo, ma « il bello è che la verità - sta tutta nel non detto» . E d'altra parte se siamo « in libertà sulla parola» significa, a seguire il 'pun' nei due sensi, che la lingua è il nostro spazio di libertà , ma che la nostra condizione è comunque una sorta di libertà vigilata e infrangere « il muro» , « la coltre» , « la crosta» , insomma, uscire dallo stallo delle esistenze è impossibile. Dunque quella di Fatica è una poesia che concentra il massimo di esuberanza e di sfida ma sottintende o addirittura pretende lo scacco, lo smacco, la disfatta. E la malinconia sotto la risata del clown.