Questo romanzo è una sorta di sudario di parole che l'autrice tesse per Stefania, la madre, in sostituzione del telo funerario con il quale avrebbe voluto ricoprirne il corpo. Nel genocidio del Ruanda, infatti, l'autrice ha perso trentasette membri della propria famiglia, ma la morte è seguita a una lunga vigilia, iniziata con la deportazione in una sperduta e arida regione del paese, molto diversa dalle verdi colline sulle quali intere generazioni di pastori tutsi erano nate e cresciute. Tra riflessioni e aneddotica (sull'educazione, sul cibo, sul matrimonio, sui costumi), ricordi di una felicità precaria e di una cultura ormai lontana, l'autrice riporta in vita la madre, una donna che non ha mai davvero calzato in vita sua un paio di scarpe, e un'intera civiltà orale, che la storia rischia di archiviare del tutto. Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I. E. S. r. l. , oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.