Nella nuova raccolta, "Voragini d'azzurro", Adriana Tasin affronta il mistero dell'esistenza avvalendosi di una metafora solida e "incantata": la montagna. Esploratori, sciamani, alpinisti, poeti - pazzi? - si inabissano ciechi nei labirinti dell'ignoto, si inerpicano e scendono dalle pendici dell'impervio. Il tempo profondo della Terra non coincide con il ciclo umano e ciò che, osservato in un arco breve, pare eterno, in un tempo geologico si manifesta come transitorio. Così è la montagna. Così è il corpo. Un visionario, in dialogo con una voce, sporto nel vuoto, sfida - scalando pareti scoscese - le leggi della gravità , del dolore, anche se 'non può che esserci la fine del mondo, andando avanti' (A. Rimbaud). Il percorso è rischioso, aleggia la morte intorno. L'alta quota è l'interregno di vivi e morti, apparizioni e sparizioni, illuminazioni e stupori. Al tramonto, affaticato si cala - a tratti precipitando - non per tornare al punto di partenza, alla casa, ma alla forma primigenia del mondo, all'acqua, al grembo. Il profilo delle vette lascia spazio a un luogo piano dove le montagne sono memoria e il mare è vastità , 'eternità soltanto'. E l'amore? . Das Urheberrecht an bibliographischen und produktbeschreibenden Daten und an den bereitgestellten Bildern liegt bei Informazioni Editoriali, I. E. S. r. l. , oder beim Herausgeber oder demjenigen, der die Genehmigung erteilt hat. Alle Rechte vorbehalten.